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Tumore al seno e terapia ormonale: i consigli dell’endocrinologo-ginecologo-oncologo

Circa il 70% delle donne con tumore al seno riceve una terapia ormonale. Tra gli effetti collaterali della terapia endocrina si presentano anche disturbi a carico del sistema utero-ovarico dell’apparato genitale. Per questo è importante che la paziente faccia riferimento allo specialista ginecologo, meglio se anche endocrinologo ed oncologo, per un consulto più adeguato e minuzioso al fine di gestire tali disturbi in modo accurato e preservare il più possibile il proprio benessere e la propria qualità di vita.

Gli effetti dei farmaci

In generale, indipendentemente dal tipo di farmaco utilizzato durante una terapia endocrina in una donna che ha un tumore al seno – che sia tamoxifene, inibitori dell’aromatasi, chemioterapia o farmaci per la soppressione ovarica – si induce uno stato di ipo-estrogenismo, con i tipici sintomi della menopausa. L’approccio multidisciplinare e pluri-specialistico deve integrare competenze plurime e, quindi, deve provare a gestire i sintomi collaterali delle terapie e monitorare gli effetti che questi farmaci possono avere a livello dell’utero, delle ovaie e del tratto genito-urinario; ecco perché si consiglia di consultare un pluri-specialista endocrinologo-ginecologo-oncologo.

Bisogna tenere sotto controllo l’endometrio; infatti, Il tamoxifene, uno dei farmaci utilizzati durante la terapia ormonale, aumenta il rischio di patologie a carico dell’endometrio – la mucosa che riveste internamente l’utero – che nel periodo fertile di una donna si sfalda durante il flusso mestruale. Ne sono colpite circa il 75% delle donne, in particolare da polipi dell’endometrio (chi assume il farmaco ha un rischio che è pari al doppio di una donna ancora fertile o in menopausa) o da tumori dell’endometrio. Per controllare lo stato di salute dell’endometrio, le pazienti vengono sottoposte all’ecografia transvaginale, un esame non invasivo con cui è possibile valutare lo spessore dell’endometrio. L’ispessimento dell’endometrio non è necessariamente un campanello d’allarme, ma è importante valutare e controllare con quale velocità l’endometrio diventa più spesso. In questo caso, come in presenza di sanguinamenti anomali, lo specialista richiederà anche altri esami più specifici tra cui l’isteroscopia, un esame con cui si osserva all’interno dell’utero e se necessario si effettuano delle biopsie. Un’altra possibile conseguenza della terapia con tamoxifene è la comparsa di cisti ovariche. Si tratta di cisti benigne, il più delle volte transitorie che a controlli successivi non si vedono più o rimangono di dimensioni e morfologia stabili.

I sintomi più comuni

Tra i sintomi più diffusi causati dalla mancanza di estrogeni e dalle terapie endocrine per il tumore al seno troviamo:

  • le vampate: improvvise sensazioni di calore, che riguardano in particolare il volto; hanno una durata variabile dai 30 secondi ad alcuni minuti e sono seguite da una sensazione di freddo. Spesso sono associate a un’accelerazione del battito cardiaco. Ne soffre circa il 65% delle donne con neoplasie alla mammella in terapia medica.
  • la sindrome genito-urinaria: che si presenta con secchezza vaginale, bruciore, perdite vaginali, irritazione e anche disturbi sessuali che provocano un ridotto desiderio, minore sensibilità e lubrificazione, fino al dolore durante i rapporti intimi con il partner. Dal punto di vista urologico, le pazienti riportano spesso un’urgenza minzionale che talvolta si accompagna a incontinenza, disuria e cistiti. Gli effetti secondari e collaterali scatenati dalle terapie anti-estrogeniche si manifestano, in genere dopo alcuni mesi, nel 40% delle donne e tendono a peggiorare con il passare del tempo.

L’impatto sulla qualità di vita

Gli effetti provocati dalle terapie anti-estrogeniche, in particolare per quanto riguarda i sintomi della sindrome genito-urinaria, hanno un forte impatto sulla vita quotidiana di una donna. Non si tratta, infatti, solo di una sensazione o di un fastidio, ma di modificazioni che hanno un riscontro anche a livello anatomo-patologico, come per esempio la perdita di elasticità dei tessuti con erosioni o lacerazioni; si modifica, altresì, la flora batterica presente all’interno della vagina aumentandone il rischio di vaginiti e infezioni urinarie e, soprattutto, si ha un’iperreattività delle terminazioni nervose, in cui uno stimolo minimo che normalmente non creerebbe alcun dolore provoca, invece, un dolore intenso. Infine, sia le vampate, sia la sindrome genito-urinaria possono ancora avere conseguenze a livello relazionale e psicologico presentando, in seguito, disturbi del sonno, disturbi e sbalzi d’umore, ansia e depressione.

Come controllare gli effetti collaterali

Innanzitutto, con lo stile di vita. Le vampate possono essere tenute sotto controllo con maggiore facilità se si evitano cibi piccanti, alcool, fumo e se si svolge una regolare e moderata attività fisica. In assenza di esercizio fisico, infatti, aumenta la frequenza delle vampate, ma un esercizio fisico eccessivo potrebbe scatenarle; pertanto, sono da preferire attività aerobica a bassa intensità o yoga e pilates. A livello di terapie farmacologiche, i trattamenti più efficaci, benché limitatamente, per contrastare gli effetti collaterali sono ipotensivi, antidepressivi e rimedi naturali. In caso di sindrome genito-urinaria si possono utilizzare gel lubrificanti a base acquosa, oleosa o di siliconi, creme a base di acido ialuronico e anche dosaggi molto bassi di estrogeni a livello locale. Secondo i più recenti studi, anche le vitamine D ed E, utilizzate in forma di creme o ovuli, possono avere buoni risultati. Tra le ulteriori, possibili terapie per migliorare la lubrificazione e combattere la secchezza vaginale ed il bruciore l’utilizzo del laser o la radiofrequenza possono migliorare tale disagio e stimolare la perfusione sanguigna dei tessuti. Tuttavia, la terapia ormonale sostitutiva deve essere valutata attentamente in specifici casi ove bisogna indirizzare le donne verso formulazioni ormonali alternative conosciute come ormoni bio-identici ovvero una terapia ormonale sostitutiva nota anche come terapia ormonale naturale, quale alternativa più utile alle precipue necessità di alcuni particolari casi da trattare come quelli per precedenti anamnestici di tumori della mammella, dell’utero e dell’ovaio. La terapia ormonale sostitutiva bio-identica (BHRT) consiste nell’uso di ormoni identici a livello molecolare con gli ormoni endogeni.

Risulta, pertanto, imprescindibile e necessaria una particolare, accurata ed attenta valutazione ultra-specialistica sia metabolica, sia endocrina, sia onco-ginecologica da parte di un endocrinologo-ginecologo-oncologo, quale esperto pluri-specialista, che possa valutarne le più adatte necessità terapeutiche insieme alle più idonee ed adeguate formulazioni farmacologiche, ai dosaggi terapeutici più appropriati ed alle modalità e tempi di somministrazione più opportune al fine di ottimizzarne i risultati benefici.

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