In un recente studio è stato valutato il contenuto di microrganismi nelle feci di persone con tiroidite di Hashimoto e in quelle di soggetti di controllo. I risultati hanno indicato differenze riguardo alla presenza di alcuni batteri che suggerirebbero una relazione fra modificazioni del microbiota e tiroidite.
La tiroidite di Hashimoto è la malattia autoimmune più frequente nel mondo, con prevalenze che raggiungono valori del 10-12% in alcune casistiche. In Europa la frequenza varia dallo 0.2 al 5.3% arrivando fino al 7.5%, in Gran Bretagna, nei soggetti di sesso femminile. Questa malattia è dieci volte più frequente nel sesso femminile e raggiunge il massimo valore di incidenza fra i 30 e i 50 anni. Come per altre malattie autoimmuni, la causa della tiroidite di Hashimoto non è ancora definita, ma si ritiene che essa sia provocata da un’interazione tra fattori genetici e fattori ambientali e, tra questi ultimi, può giocare un ruolo l’alterazione del microbiota dell’intestino. Tale alterazione può presentarsi in vario modo, dall’anomala crescita delle colonie di batteri, alla rottura dell’equilibrio fisiologico fra i diversi generi di microrganismi, all’aumento della permeabilità della mucosa del canale alimentare. Tutte queste alterazioni sono state poste in relazione con lo sviluppo della tiroidite di Hashimoto.
Alcuni ricercatori hanno voluto aggiungere un nuovo tassello alla conoscenza delle relazioni fra microbiota e tiroidite di Hashimoto, eseguendo uno studio che ha valutato la concentrazione di diversi ceppi di microrganismi e di varie molecole nelle feci di 40 persone affette da tiroidite di Hashimoto e di 53 soggetti di controllo. Per completare il quadro dei meccanismi coinvolti nell’infiammazione e dei fattori che li potevano influenzare, è stata misurata la concentrazione nel sangue delle citochine e sono state registrate le abitudini alimentari delle persone arruolate nella ricerca. I risultati hanno dimostrato, nelle feci delle persone con la tiroidite, un aumento statisticamente significativo del genere di microrganismi denominato Bacteroides e una riduzione del genere Bifidobacterium. Inoltre, i microrganismi del genere Lactobacillus erano maggiormente rappresentati nelle feci dei soggetti che non assumevano L-tiroxina, rispetto a quelle che invece l’assumevano.
Le valutazioni relative alla dieta hanno evidenziato differenze significative, tra i due gruppi, nel consumo di verdura, frutta, proteine animali, latte e latticini, grassi saturi e carboidrati. Altresì, è stata rilevata una relazione inversa fra assunzione di proteine animali e concentrazione di Bacteroides nelle feci. Nelle conclusioni gli Autori hanno ipotizzato che alcune caratteristiche della dieta possano modificare il microbiota e che tali modificazioni giochino un ruolo nello sviluppo o nell’evoluzione della tiroidite di Hashimoto.
Una precisazione doverosa è quella relativa ai dubbi circa la rappresentatività che i batteri rilevati nelle feci hanno rispetto alla composizione del microbiota. Infatti, vari studi hanno messo in dubbio che i microrganismi raccolti in questo modo diano indicazioni attendibili circa i tipi e le quantità di microrganismi presenti nel lume di diversi tratti dell’intestino. Rimane, comunque, l’interesse per i dati raccolti dai ricercatori perché forniscono una chiave di interpretazione delle evidenze circa gli effetti dell’alimentazione sulla comparsa e sull’andamento della tiroidite di Hashimoto. Ulteriori approfondimenti nelle ricerche scientifiche potranno confermare i dati interessanti evidenziati in questo originale studio.