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Amenorrea da stress: nuove terapie integrative e farmacologiche

L’amenorrea cortico-ipotalamica da stress, è una condizione non difficile da riscontrare nella pratica clinica quotidiana, soprattutto nelle adolescenti. Si tratta di una disfunzione correlabile a fattori di stress metabolico, fisico o psicologico, quali diete particolarmente severe, allenamenti intensivi o eventi emotivi importanti.

Infatti, gli agenti stressogeni influenzano negativamente il rilascio di gonadotropine e di conseguenza l’asse riproduttivo, andando ad attivare o inibire a livello centrale aree ipotalamiche e/o extra-ipotalamiche. In particolare, si ipotizza una correlazione tra l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e l’inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, indotta dallo stress.

Il sistema oppioide, ma anche quello dopaminergico e quello serotoninergico, sono coinvolti nei circuiti dell’amenorrea da stress; di particolare interesse è il ruolo giocato dalle endorfine nella genesi dell’amenorrea cortico-ipotalamica da stress. In risposta ad un evento stressogeno, l’organismo reagisce in maniera quasi “consolatoria” aumentando la produzione di oppiacei come la beta-endorfina. Se questo è appropriato sul piano neurologico non lo è altrettanto su quello endocrinologico; infatti, gli aumentati livelli di beta-endorfina alterano la risposta dei recettori ipofisari per il Gn-RH ipotalamico arrestando il rilascio delle gonadotropine ipofisarie (FSH e LH) innescando così il quadro di una amenorrea cortico-ipotalamica da stress. Non stupisce, infatti, che farmaci antagonisti degli oppiodi si siano dimostrati efficaci in alcune forme di amenorrea da stress.

È il caso di naloxone/naltrexone, che sono risultati efficaci nel ripristinare la corretta azione del Gn-Rh ipotalamico a livello ipofisario. Tra i vari interventi terapeutici per queste forme di amenorrea è stato proposto anche l’impiego della acetil-carnitina che, oltre a migliorare la produzione di energia a livello mitocondriale, contribuisce all’inattivazione delle amine e dei neuropeptidi, come gli oppioidi, a livello centrale o dell’acido gamma-amino-butirrico (Gaba), un modulatore della risposta fisiologica allo stress e all’ansia. Anche gli steroidi ovarici esercitano un ruolo nella modulazione delle funzioni ipotalamiche e ipofisarie.

È documentata l’efficacia di trattamenti con basse dosi di estrogeni deboli, come l’epimestrolo, nell’attivare la secrezione di LH in donne con oligomenorrea o amenorrea. Una ricerca condotta in Italia ha, altresì, dimostrato come la somministrazione di 2 mg al giorno di estriolo per 8 settimane consenta di indurre un aumento dei livelli plasmatici di LH ed un incremento della risposta dell’LH al bolo di Gn-Rh. Sulla base di queste osservazioni, si ritiene che un priming estrogenico con estrogeni deboli consenta di ottenere un miglior funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi. Analoghi risultati sono stati ottenuti dai ricercatori anche grazie all’impiego di basse dosi di estradiolo; in particolare, è stato sottolineato come la somministrazione per via sublinguale di questo ormone in nano-concentrazioni siano risultate efficaci nell’indurre un significativo incremento dei livelli plasmatici di LH dopo 12 settimane di trattamento. Questi bassissimi dosaggi di estradiolo, in dosi omeopatiche, sono probabilmente in grado di indurre, a livello ipotalamico e ipofisario, un effetto simile a quello ipotizzato nel caso della somministrazione di estriolo. Il trattamento indurrebbe cioè un’aumentata sensibilità al Gn-Rh e una maggior espressione dei recettori del Gn-Rh, con conseguente incremento della sintesi e secrezione di LH.

Le delicatissime correlazioni ormonali e la complessità delle valutazioni da esperire in simili frangenti necessitano della consolidata preparazione professionale e della variegata esperienza in ambito sia endocrinologico, sia ginecologico di un plurispecialista endocrinologo e ginecologo.

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