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Ipotiroidismo negli anziani

Sia l’ipotiroidismo manifesto clinicamente, sia l’ipotiroidismo subclinico sono abbastanza comuni nelle persone anziane; infatti, l’incidenza di ipotiroidismo cresce con l’età. Negli studi geriatrici specifici nelle persone anziane è riportata un’incidenza per l’ipotiroidismo clinico fino al 5,7% dei soggetti e per l’ipotiroidismo subclinico, altresì, fino al 12,5%.

Le società scientifiche American Thyroid Association (ATA) e American Association of Clinical Endocrinologists (AACE) hanno pubblicato linee guida che raccomandano lo screening per l’ipotiroidismo nei pazienti di età superiore ai 60 anni.

L’intervallo di riferimento per il TSH aumenta con l’età, poiché la distribuzione della concentrazione di TSH nella popolazione aumenta progressivamente con l’età. Nel percorso diagnostico, devono essere considerati gli intervalli di riferimento del TSH adeguati all’età, per identificare gli individui a rischio di sviluppare ipotiroidismo. Particolare attenzione si deve adottare quando si inizia la terapia in pazienti di età superiore a 50-60 anni con ipotiroidismo clinico manifesto, senza evidenza di malattia coronarica; deve essere preso in considerazione, infatti, il trattamento con più bassi dosaggi di ormone sostitutivo al giorno. Il trattamento degli anziani con ipotiroidismo subclinico, invece, continua ad essere controverso. L’evidenza attuale suggerisce che la soglia per il trattamento dell’ipotiroidismo subclinico lieve nelle persone anziane dovrebbe essere alta. È ragionevole, quindi, puntare ad un target di TSH più elevato nei pazienti ipotiroidei anziani trattati, poiché il loro fabbisogno di ormoni tiroidei potrebbe essere inferiore.

Il sistema cardiovascolare è uno dei principali bersagli dell’azione dell’ormone tiroideo e numerosi studi osservazionali hanno suggerito che anche lievi riduzioni degli ormoni tiroidei sono associate a un rischio più elevato di malattie cardiovascolari.

Altresì, negli anziani è stato dimostrato che l’ipotiroidismo, senza diagnosi di demenza, è associato a disabilità in una varietà di soggetti con alterati test neuropsicologici di apprendimento, fluidità dell’eloquio, abilità visuo-spaziali e dello stato mentale.

Permane positivo, comunque, il riscontro secondo cui gli ormoni tiroidei, attraverso i loro effetti sul metabolismo e sullo stress ossidativo, svolgono un ruolo cruciale nel processo di invecchiamento e longevità.

Alla luce di tali evidenze si raccomanda un attento controllo clinico endocrinologico in tutti i soggetti di età superiore a 50-60 anni al fine di prevenire o contrastare gli effetti indesiderati di una disfunzione tiroidea anche latente o sub-clinica.

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